Teramo, intervista a Valerio Marsili
Il basket moderno, si sa, va sempre più delineando le sue caratteristiche, scandendo il tempo che scorre sulla propria linea cronologica. Una caratteristica che anche i più neofiti riescono a notare è la graduale scomparsa della figura classica del centro, inteso come il giocatore d’area dal grande impatto fisico, pronto ad intimidire ogni tentativo di attacco da parte degli avversari (facendo esempi nell’NBA possiamo citare Shaquille O’Neal, Hakeem Olajuwon, Dikembe Mutombo, Patrick Ewing e David Robinson). Giocatori “vecchio stampo” oggi se ne contano davvero pochi e siamo quindi abituati a vedere centri che sprintano, portano palla e tirano da tre punti; una profezia che l’alieno “Pistol Pete” Maravich aveva previsto più di 40 anni fa, con una visione del mondo della palla a spicchi avanti anni luce rispetto a tutti. Centri “vecchio stampo” quindi, nonostante l’evoluzione del gioco, continuano ad esserci (seppur in minoranza) e in alcuni casi hanno la giusta intelligenza per capire proprio questo tipo di evoluzione, adattandosi perfettamente al nuovo linguaggio nonostante una formazione classica e pura del ruolo; è il caso di Valerio Marsili, centro titolare del Teramo Basket 1960, uno dei principali protagonisti della stagione da poco conclusa. Una stagione che ha visto Valerio subentrare a fine novembre, con l’esordio nel derby vinto contro il Giulianova al Palaskà, dopo un inizio difficilissimo a Lamezia nel quale ha assistito al fallimento della società calabrese.
Ci piace immaginare il ruolo di Marsili come quello di “uomo ombra”, ossia colui che non si nota ad occhio nudo ma che riempe le cosiddette caselle invisibili delle statistiche, quelle che comprendono piccole grandi azioni che ti fanno vincere le partite: un aiuto difensivo, un canestro “sporco”, un tuffo per recuperare un pallone vagante, una parola d’incoraggiamento per aiutare un compagno di squadra in un momento di difficoltà, un atteggiamento sempre positivo e propositivo per tenere unito il gruppo nello spogliatoio. Azioni quasi invisibili ma che poi contano, eccome se contano, ai fini del risultato. Metaforicamente, un po’ anche per quel suo modo di fare e quei suoi tratti tipicamente romani, non possiamo che definirlo come il Gladiatore biancorosso.
Analizzando poi le statistiche è stata l’ennesima stagione in cui Valerio si è confermato come uno dei giocatori più solidi ed esperti della Serie B (era uno dei senior nel roster teramano) mettendo a referto 6.5 punti e 6.8 rimbalzi ai partita, ai quali aggiungiamo (udite udite) anche un 60% dall’arco dei 6.75 (a proposito del discorso di prima sull’intelligenza di adattarsi al linguaggio del basket moderno).
Valerio, si è concluso da poco il campionato. Qual è il tuo giudizio complessivo?
E’ stata una stagione che un po’ mi ha lasciato l’amaro in bocca perché penso che se avessimo avuto un pizzico di fortuna in più avremmo forse potuto ambire a qualcosa in più, come una salvezza diretta o un playoff da ottava classificata. La squadra secondo me, a partire dal girone di ritorno, ha espresso un basket di grande livello, con un ottimo gioco e grande competitività. Sono arrivato a fine novembre, la squadra era a 2 punti, dopo di che abbiamo aggiustato il tiro concludendo il girone d’andata e ci siamo rimessi in carreggiata nel girone di ritorno. Da lì siamo stati una mina vagante che ha dato filo da torcere a tutti, facendo anche vittime illustri e mi è rimasta indigesta la sconfitta con Ancona dopo due tempi supplementari, lì si è decisa la classifica. Nonostante questo sono comunque contento per la salvezza conquistata e l’atteggiamento che abbiamo avuto durante tutto l’anno.
Come valuti invece la tua stagione?
A livello personale è stata una stagione difficile perché ho iniziato a Lamezia e la squadra è fallita dopo un mese, mi sono dovuto guardare intorno e alla fine ho scelto Teramo dove ho trovato un ottimo ambiente. Nel girone di ritorno abbiamo trovato una nuova chimica e definito nuove gerarchie, la squadra secondo me è cresciuta tantissimo ed è diventata molto competitiva. Teramo è una città in cui sono stato molto bene, c’è stato un ottimo affiatamento con i compagni di squadra, con lo staff tecnico e societario. Sono contento anche per come abbiamo ottenuto la salvezza, battendo Campli in modo netto giocando di squadra ed aiutandoci l’uno con l’altro. Teramo merita di avere questo palcoscenico e ringrazio tutti quelli che mi hanno sostenuto in questa avventura.