Abano Terme, Mimmo Cattarinich e la magia del fotografo di scena
Presentiamo un testo a firma di Antonio Di Mino, contributor di Elle Decor, sulla mostra fotografica BACKSTAGE. Mimmo Cattarinich e la magia del fotografo di scena in corso nel Veneto, in provincia di Padova, al Museo Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme.
Nella Roma felliniana diretta nel 1972, un bellissimo Peter Gonzales Falcon giunge nella Capitale per la prima volta, smarrito e frastornato dal caos di una Stazione Termini colma di viaggiatori e piazzisti di ogni genere; il giovane diciassettenne – trascrizione autobiografica del regista al suo arrivo nella città eterna – finirà, da lì a poco, nel bel mezzo di una tipica cena estiva, durante la quale verrà sopraffatto da una babele di voci, situazioni e cliché gastronomici. In questo breve segmento del film non esiste una vera e propria trama, Fellini la mette in scena senza nessuno sviluppo “drammaturgico”; è solo gente che mangia e, forse proprio per questo, ci ipnotizza.
Scorrendo tra le sale della Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme (Padova), mentre osservavo le quasi cento fotografie realizzate da Mimmo Cattarinich, pensavo a quel noto frammento cinematografico, alla sua ambizione del volerci raccontare qualcosa di più vero grazie a uno stratagemma registico; come se gli occhi di una misteriosa terza entità – oltre la regia e oltre gli attori – si muovessero nascosti e indisturbati per catturare quello spaccato di vita per noi, restituendolo secondo una prospettiva totalmente autentica e scevra di fiction. Quello che però in questo film possiamo considerare un espediente narrativo transitorio è, al contrario, un modello costante per chi, come Cattarinich, ha scelto per tutta la vita il mestiere di fotografo di scena, preferendo essere costantemente una comparabile terza entità esterna, incastrata tra attore e regista. In questa analogia si consuma quella che la stessa curatrice della mostra, Dominique Lora, definisce “La poetica dello sguardo nascosto” e che – nel campo cinematografico – si concretizza nella documentazione di un universo di situazioni poste esattamente dietro l’inflessibile architettura del sogno nel quale ogni regista vuole farci perdere e, anche in questo caso, dischiudendoci le porte di un’intima normalità, ci affascina.
Nato a Roma nel 1937, Domenico Cattarinich, rappresenta uno di quei professionisti di settore che meglio hanno saputo condividere questo mondo parallelo, altrimenti custodito nella memoria di soli addetti ai lavori. In circa 45 anni di attività il suo obiettivo si è posato, sicuro e istintivo, sui set di maestri quali Pier Paolo Pasolini, Ettore Scola e ancora Bernardo Bertolucci, Dino Risi, Marco Ferreri e dello stesso Federico Fellini, regista per il quale nutriva profonda ammirazione e di cui, per un caso fortuito – una chiamata inaspettata per sostituire il fotografo dell’episodio Toby Dammit – diventa lo still photographer ufficiale di Tre Passi Nel Delirio e Satyricon, entrambi girati nel 1968, ma anche di Amarcord, Casanova, i più recenti E la nave va, Ginger e Fred, La voce della luna e addirittura la stessa Roma.
All’ordinato svolgimento cronologico della mostra si aggiunge anche una raffinata linea di dialogo con il suo prezioso contenitore. La Villa-Museo Bassi Rathgeb, infatti, non si limita ad esserne cornice ma interagisce attivamente con essa amplificandone la lettura: con la sua collezione di più di quattrocento opere, molte delle quali dedicate proprio al ritratto, la volontà è, innazitutto, quella di costruire un’ideale “ponte” con le molte soggettive di Cattarinich. A questa ricerca di continuità tematica se ne aggiunge, un altra di carattere curatoriale; la totalità delle sale del piano terra, caratterizzate da una serie di affreschi cinquecenteschi e seicenteschi a tema biblico-mitologico – quasi tutti ispirati ad alcuni racconti della Genesi e delle Metamorfosi di Ovidio – grazie alla loro divisione per stanze e contenuti, divengono una sorta di ipertesto visivo a servizio della curatrice, indirizzandola verso un allestimento per gruppi fotografici assonanti.
Mimmo Cattarinich e la magia del fotografo di scena ci coinvolge in storie dentro le storie, narrandoci per immagini ciò che non è stata mai finzione bensì intensa ed emozionante realtà.