8 Maggio 2024

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L’Aquila, l’identità perduta

Oggi nel suo “Mi sovvien…” il critico d’arte Emidio Di Carlo ci parla delle elezioni nel capoluogo d’Abruzzo, L’Aquila. Nomi e date fanno da contorno al suo racconto.
Nell’attesa che si chiuda la nuova ‘partita’ elettorale, s’impone qualche ulteriore riflessione a priore nel proprio territorio. La ‘riflessione’ è di un ‘giornalista’, pardon del decano “pubblicista”; precisazione dovuta per non incorrere nel richiamo del Presidente dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo. Spazio, allora, alla ‘riflessione sulla ‘cronaca’ politica, quanto mai opportuna a qualche giorno dalla “Giornata Mondiale della libertà di Stampa 2022”.
Trattiamo sulla libera informazione (critica); diversa da quella dei tanti giovani colleghi, giornalisti e scrittori, direttamente o indirettamente impegnati in qualche logo politico.
Una premessa: quanto si manifesta, alla vigilia del voto, a L’Aquila non è da meno di quanto accade nelle altre piazze della penisola dove i pretendenti alla ‘conservazione’, alla ‘riconquista’, o semplicemente ‘impegnati nell’ascesa alla poltrona’, appaiono sempre più numerosi.

Mi sovvien…
L’Aquila. Il 12 luglio 1951 la città eleggeva un Sindaco ‘liberale’, l’avv. Angelo Colagrande. Nelle elezioni successive, il 14 luglio 1956, presentava, per la Democrazia Cristiana, il notaio Federico Trecco. Due impeccabili professionisti con possibili codici civili e penali alla mano.
Successivamente… Di fronte ad una D.C. sempre più ricca di insofferenti protagonismi, anche perl’incalzare del partitismo locale (travisato nel simbolo nazionale), si dovrà attendere il 9 settembre 1975 per avere una guida politica (la prima Social-Democratica) a tempo piano, fino al 24 luglio 1980.
Con un altro avvocato, l’avv. Ubaldo Lopardi.
Merita rilevare che il 7 ottobre 1966 era stato eletto Sindaco (con maggioranza D.C.)Tullio De Rubeis che il 14 gennaio 1970 veniva messo prima messo da parte subito richiamato il 21 ottobre dello stesso anno per il mandato che andrà avanti fino al 9 settembre 1975, sia pure con la coalizione DC, PSI, PSDI, PRI. Lo stesso ‘esercito’ portò all’elezioni del citato avv. Ubaldo Lopardi del PSDI. Tullio De Rubeis era stato Segretario Federale nel Partito Fascista; aveva aderito, dopo la seconda guerra mondiale, alla Democrazia Cristiana. Nel nuovo partito, il 27 agosto 1980 verrà rieletto per restare in carica fino al 12 ottobre 1985. Probabilmente avrebbe avuto un nuovo rinnovo se non avesse espresso chiaramente l’intenzione di non voler essere ricandidato.
La ‘lezione’ del De Rubeis non fu certamente capita. Il suo amministrare (ben evidente nella Direzione dell’Ospedale Neuropsichiatrico Aquilano) metteva tutti d’accordo.

Mi sovvien…
Il giornalista ‘Decano’ – ebbe da tale Sindaco uno speciale ringraziamento al momento dell’addio. Venne scritto e firmato con proprio pugno; si richiamava il contributo spontaneamente e gratuitamente offerto in occasione delle giornate del Giubileo del Perdono di Papa Celestino V. Va anche ricordato la grande ’ombra’vabbattutasi sulla città, allorché il Consiglio Regionale votò la scelta del nome del Capoluogo. Si manifestò nel corso del secondo mandato De Rubeis e portò ai “Moti Popolari del ’71” di cui tanti ‘storici’, ogni tanto scrivono ma senza analizzarne le vere cause.
Dal 1985, al Palazzo Margherita, si avvicendarono: Ricciuti, Lombardi, Baldoni, Placidi. Infine fu necessario il Commissario Governativo (dal 25 ottobre 1993 e fino al 26 giugno 1894). Dal 1980 al 1994, salvo Enzo Lombardi, che ha potuto vantare (sia pure in due tempi uniti) un lungo periodo alla guida del Palazzo Margherita (circa sette anni), gli altri Sindaci si sono dovuti accontentare del tempo decrescente: Ricciuti per 12 giorni, Baldoni per 36 mesi, Placidi per 8 mesi.
Le riflessioni nel 2022
L’Aquila. La campagna pubblicitaria è nuovamente in atto. Solite uscite di facce più o meno belle sui manifesti. Soliti interventi e cronache anche clientelari nelle televisioni più o meno locali o regionali. Chiamate degli amici delle proprie famiglie di partito vicinie e lontani. Adunanze varie con i nuovi ‘listini’ ricchi di aspiranti nomi per assessorati e istituzioni largamente retribuite. Tutto nel grande minestrone di una politica, in cui si fatica a trovare un Democristiano, un Comunista, a una tempra di Socialdemocratico della stirpe del Pertini di cui si deve ricordare la gioia nella tribuna quando la nazionale italiana si aggiudicava, una rete dopo l’altra, il Mondiale di Calcio. Si dirà? I tempi sono cambiati. Senza dubbio. Eppure: la pubblicità si fa ancora tappezzando con gigantografie le proprie facce come fossero gli eredi di quel Braccio da Montone che infine morì nella storica battaglia per la libertà municipale aquilana. Dall’’85 ad oggi, al Palazzo di Città, si sono alternati condottieri, mercenari e rematori, Tutti hanno potuto anche godere nella razzia anche sulla ‘ricostruzione’. Lo ha ben immortalato Dario Fo, un vero “Nobel”, nei dipinti, nel DVD inviato al “Decano” per l’ulteriore riconferma. Purtroppo, la storica razzia dei francesi, gli insediamenti realizzati dalla calata dei Longobardi portarono scompiglio e distruzione; con il riaffiorare dei danni, nel trascorrere dei secoli, nella politica amministrativa e nella cultura e nell’arte della città.

Mi sovvien…
C’era una volta Vito Taccone. Sergio Zavoli, nelle sue cronache al “Giro d’Italia”, lo definiva il “Camoscio” d’Abruzzo, in quanto “scalatore” eccezionale nelle tappe di montagna. Oggi si stampa un libro per ricordare i traguardi. Il ciclista marsicano vinse ben quattro tappe (tre consecutive) nel Giro d’Italia del 1963. Negli ultimi anni (scomparve nel 2007) tentò anche la scalata politica, presentandosi alle amministrative provinciali dell’Aquila, con il Partito Repubblicano Italiano. Ed eccoci dalla bicicletta alla politica.
C’era una volta “TVuno”…. L’emittente non c’è più. Salvo che non la si voglia ritenere presente allo scoccare di nuovi “novantanove” rintocchi che, a l’Aquila, hanno radici antiche, non sono nel suolo delle campane ma, storicamente anche delle “Cannelle” che continuano a buttare acqua in uno dei più bei monumenti della Città, le “99 cannelle”. Tornando sulla politica: un bel giorno incontrò il “Decano”, nel Hotel Duca degli Abruzzi. Il “camoscio” chiese di poter essere sostituito in un dibattito televisivo locale essendo, nella stessa ora, impegnato con la RAI in quel di Pescara. All’amico non si poté rifiutare. Accadde però un fatto spiacevole. La ‘Segretaria’ della ‘testata’, forse futura pubblicista, prima accolse il “Decano”, poi si appartò per qualche minuto e tornando disse che non era possibile partecipare al dibattito politico. Le telecamere erano, infatti, a disposizione di una “candidata” che non gradiva la presenza dell’inviato da Vito Taccone. Roba da informazione televisiva del tempo che fu.
Cosa è cambiato oggi?
Si fa informazione con delle grandi facce affisse su dei mastodontici manifesti, con le APP sui telefoni di vecchia e nuova generazione. Non ci si confronta più nelle piazze, sulle strade, nei bar. Si chiede il sussidio non di un Segretario del Partito ma si spostano truppe dal partito centrale. Il numero dei deputati e dei senatori per le Camere Roma decresce, è sotto l’angolo. Ci si dimentica anche che il voto dei mercenari non può essere introdotto nelle urne elettorali aquilane. Tanto più che alcuni di loro potrebbero aver incontrato il nome della città solo su qualche carta geografica. Va scongiurata una nuova pandemia, il covid-22, nel Palazzo di Città. Basta con le ‘mascherine’, basta con i codici a barre.
L’identità perduta va ricostruita con trasparenti costi-benefici nell’uso del pubblico denaro, con la vera attenzione alla salvaguardia del patrimonio artistico e culturale affidata non ha ‘parentele politiche’ del momento ma a chi ne è realmente cosciente e interprete a livello locale.
È il momento per un nuovo passo.

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